"Nel 2016, in occasione delle Olimpiadi di Rio - scrive Mara Cinquepalmi - The Guardian pubblicò cinque regole «per parlare delle atlete olimpiche senza essere sessisti/e». «Limitatevi a scrivere dello sport, e non di altro» era l’invito del quotidiano inglese. E dire che proprio ai Giochi di Rio era scoppiato il caso delle “cicciotelle” dopo che il Resto del Carlino aveva così titolato il quarto posto nel tiro con l’arco da parte di Lucilla Boari, Guendalina Sartori e Claudia Mandia. «Il trio delle cicciotelle sfiora il miracolo olimpico», il titolo che suscitò polemiche e dibattiti.
Tokyo 2020 è stata, invece, l’Olimpiade delle donne, perché la prima con il 48% di atlete (5.457 donne su 11.420 atleti), percentuale mai raggiunta nelle edizioni precedenti. Quella di Parigi, invece, sarà la prima edizione dei Giochi a raggiungere la piena parità di genere (5.250 atlete in gara come i loro colleghi). Quanto alle medaglie in palio, ne sono a disposizione 118 per gli uomini e 118 per le donne, mentre per il programma le gare maschili sono 157, quelle femminili 152 e 20 miste. Inoltre, per la prima volta la maratona femminile concluderà il programma di atletica, l’11 agosto, mentre era quella maschile che chiudeva.
Anche l’informazione dovrà fare, però, la sua parte. Per «contribuire a garantire una copertura mediatica paritaria, equa e inclusiva» il CIO ha pubblicato un aggiornamento delle linee guida[1] pubblicate nel 2018 (questa è la terza edizione), considerandole «una parte fondamentale dei suoi sforzi per promuovere l’inclusività e l’uguaglianza nella rappresentazione degli atleti ai Giochi Olimpici di Parigi 2024 da parte dei media».
Per Monia Azzalini, ricercatrice dell’Osservatorio di Pavia, dove è responsabile del settore Media e Genere [2], «qualche passo avanti è stato fatto nel mettere al centro del dibattito pubblico il problema della scarsa qualità e quantità del coverage dello sport al femminile. Questo è evidente dal fatto che sono appena uscite delle linee guida del Cio specificamente dedicate a una rappresentazione di genere nello sport che sia equa e inclusiva. Il fatto che vengano individuati tre punti chiave su cui lavorare (stereotipi, bilanciamento e verifica) mi sembra interessante. Questo tema emerge anche sui quotidiani, sui social. Come tema di dibattito è interessante che se ne parli a livello pubblico».
Oltre alle linee guida del Comitato olimpico internazionale, «c’è anche ‒ aggiunge Azzalini ‒ un documento dell’Unione europea dell’anno scorso per la promozione dello sport e della parità di genere con una sezione dedicata al ruolo che i media hanno in questo circolo, virtuoso o vizioso, dove sport, economia e media possono alimentarsi a vicenda».
Delle donne e, in particolare, di quelle impegnate nel mondo dello sport come atlete o dirigenti, si scrive spesso privilegiando l’aspetto fisico o quello familiare a discapito, invece, delle competenze tecniche e dei risultati. «È tenero l’oro di mamma Idem», titolava ‒ solo per fare un esempio a cinque cerchi ‒ la Gazzetta dello sport in occasione della vittoria della canoista Josefa Idem ai Giochi di Sidney nel 2000.
Anche il CIO presentando le linee guida ammette che «storicamente, la copertura sportiva ha spesso evidenziato le caratteristiche non legate allo sport delle sportive, come il loro aspetto fisico e la vita personale, piuttosto che i loro risultati atletici». Dunque, una presa di posizione per supportare giornalisti e creatori di contenuti digitali in una comunicazione equilibrata, più inclusiva.
Tra i suggerimenti proposti dal CIO, quello ad esempio di evitare «espressioni o parole che mettono a confronto donne rispetto agli uomini e/o implicano la superiorità di un genere rispetto ad un altro». Quindi, non “Lei ha nuotato come un uomo per vincere quella gara”, ma “Lei ha nuotato con determinazione per vincere quella gara”. E ancora, non “Lei è la prossima Michael Phelps”, ma “Lei è una straordinaria atleta”. Quanto, invece, alla televisione, occorre «garantire il più possibile che lo stesso tempo di trasmissione e copertura siano dedicati allo sport femminile e maschile. L’intento è quello di bilanciare sia la durata che la programmazione della copertura». E nei commenti, nelle interviste a fine gara? Il suggerimento è di «evitare di chiedere informazioni su marito/compagno/figli, a meno che lei stessa fornisca volontariamente le informazioni. Gli intervistatori raramente chiedono agli atleti di sesso maschile se le loro mogli/i partner/figli sono orgogliosi di loro».
Le linee guida intervengono anche sugli atleti transgender e non binari. In questo caso il suggerimento è di usare in maniera appropriata il pronome e, se necessario, chiedere «alla persona quale pronome usa per identificarsi e descriversi».
Anche la Olympic Broadcasting Services (OBS), l’emittente radio-TV del CIO, contribuirà alle linee guida con l’assunzione di circa 35 commentatrici e la «garanzia di una rappresentanza di genere equilibrata tra il personale senior e i team di produzione della sede». OBS, inoltre, fa sapere di voler «raggiungere la parità di genere nella copertura dei contenuti sia live che non su Olympics.com, con particolare attenzione all’amplificazione delle voci e delle storie delle donne».
Sono i numeri a dire che lo sport femminile è sottorappresentato. Come, ad esempio, i dati raccolti dall’Osservatorio di Pavia che «ci dicono ‒ spiega ancora Azzalini ‒ che in tutti i TG trasmessi da Rai, Mediaset e La7, in fascia prime time, nel 2022, una notizia su dieci riguarda le atlete donne e otto su dieci gli uomini. Dal punto di vista del dato numerico c’è ancora una predominanza maschile. Inoltre, secondo il monitoraggio Rai del 2022 nelle rubriche sportive le donne arrivano al 19%, mentre gli uomini all’81%. Dal punto di vista della qualità, alcuni stereotipi persistono così come forme di maltrattamento verbale nei confronti delle donne però hanno anche consentito di dibatterne pubblicamente».
Il ruolo dell’informazione è fondamentale, infatti, nel mantenere o superare determinati stereotipi. In particolare, nello sport che, come sottolinea il CIO, può essere «un grande motore di uguaglianza e inclusione». Per Azzalini occorre «lavorare sul fronte della formazione professionale dei giornalisti e della sensibilizzazione. Bisogna cercare di far capire perché non va bene raccontare le sportive in un certo modo e come raccontarle in un altro modo».
«Gli stereotipi ‒ conclude Azzalini ‒ sono diffusi nella cultura giornalistica perché sono dei portati della cultura sociale. Occorre lavorare su questi temi anche sul fronte della formazione a livello di cittadinanza. Le istituzioni hanno un ruolo, sia le media company, quindi gli editori, sia le Authority, o anche le associazioni di categoria o singole iniziative, come ad esempio quelle promosse dalla Bbc. Si lavora non solo da una tradizionale prospettiva dell’equità di genere ma anche di diversity inclusion. Diversità e inclusione portano avanti la causa di una migliore rappresentazione delle donne nello sport». (di Mara Cinquepalmi, Atlante-Treccani)
[1] https://stillmed.olympics.com/media/Documents/Beyond-the-Games/Gender-Equality-in-Sport/IOC-Portrayal-Guidelines.pdf
[2] Virgolettato raccolto in occasione dell’articolo